Le madri non dormono mai

Un bambino, sua madre. Due vite fragili tra altre vite fragili: donne e uomini che passano sulla terra troppo leggeri per lasciare traccia. Intorno, a contenerle, un luogo che non dovrebbe esistere, eppure per qualcuno e perfino meglio di casa.
Lorenzo Marone scrive uno struggente romanzo corale, un cantico degli ultimi che si interroga, e ci interroga, su cosa significhi davvero essere liberi o prigionieri.
Diego ha nove anni ed e un animale senza artigli, troppo buono per il quartiere di Napoli in cui e cresciuto. I suoi coetanei lo hanno sempre preso in giro perche ha i piedi piatti, gli occhiali, la pancia. Ma adesso la cosa non ha piu importanza. Sua madre, Miriam, e stata arrestata e mandata assieme a lui in un Icam, un istituto a custodia attenuata per detenute madri. Li, in modo imprevedibile, il ragazzino acquista sicurezza in se stesso. Si fa degli amici; trova una sorella nella dolce Melina, che trascorre il tempo riportando su un quaderno le «parole belle»; guardie e volontari gli vogliono bene; migliora addirittura il proprio aspetto. Anche l’indomabile Miriam si accorge con commozione dei cambiamenti del figlio e, trascinata dal suo entusiasmo, si apre a lui e all’umanita sconfitta che la circonda. Diego, pero, non ha l’eta per rimanere a lungo nell’Icam, deve tornare fuori. E nel quartiere essere piu forte, piu pronto, potrebbe non bastare.
«Miriam torno ai suoi panni, e tolse l’aria dai polmoni con uno sbuffo. Il sole mattutino s’affaccendava a portare un po’ di calore, permetteva ai bambini di restare fuori a giocare, ma proiettava l’ombra delle sbarre sulla parete alla sua destra, sezionava il muro come fosse una scacchiera. S’appese alle spranghe e allungo l’esile collo, come a voler uscire da li, lei cosi minuta, e si ritrovo sulle punte senza volerlo, da dietro pareva un puma pronto a spiccare il balzo. Penso di andarsi a riprendere quel figlio cretino che a quasi dieci anni si lasciava sfottere da una mocciosetta e manco lo capiva. Invece vide qualcosa d’inaspettato, vide la bambina ridere ancora per le parole del suo Diego, e pero subito dopo vide anche il viso di lui aprirsi in un gioioso sorriso, e poi in una fragorosa risata che libero farfalle, una risata per lungo tempo attesa, che le tolse l’ombra dalla faccia e la spinse a donare al cielo, alle nuvole dense che soffocavano quel carcere tra i monti, un moto appena percettibile di labbra».

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