Mi chiamo Nive White e so bene cosa significhi non avere un luogo da poter chiamare *casa*. Questa parola mi è estranea da quando i miei genitori sono scomparsi e ho cominciato a essere sballottata da un paese all’altro. Nessuno mi ha mai accolta, nessuno mi ha mai voluta. Per questo, quando lascio Parigi e atterro in Canada, non mi aspetto nulla. Devo resistere qualche mese, fino a quando compirò diciotto anni e sarò libera. Eppure qui c’è qualcosa di diverso, lo percepisco appena trovo una foglia rossa al mio arrivo. Anche se i boschi sono sepolti da metri di neve, mi sento in pace sotto l’ombra degli abeti. O forse sono le persone a darmi questa sensazione di calore. Come lo zio Henry, che mi ha aperto la sua casa, o Margareth, che mi cucina i pancake, o Kaya, che mi strappa un sorriso. C’è solo una persona a cui non piaccio per nulla. Un ragazzo schivo, con occhi grigi e impetuosi come una tormenta. Si chiama Hurst e per lui sono una *straniera*. Un pulcino che non appartiene alle gelide foreste della tribù Navajo di cui fa parte. Eppure, anche se le sue parole mi feriscono, il suo sguardo brucia e legge la mia tristezza. Non posso negare quello che provo, ma ho paura di fidarmi, perché il passato mi ha insegnato a essere diffidente e non mettere radici. Forse, però, la mia vita può essere diversa. Secondo una leggenda della tribù, chi trova la *wapasha* , la foglia rossa, è in grado di cambiare il proprio destino. Se è davvero così, vorrei trovare il coraggio di seguire l’istinto. Lo stesso che mi conduce tra le braccia di Hurst. Mi chiamo Nive White e questa è la mia storia.